lunedì 25 settembre 2023

American Beauty, Da Robert Capa a Banksy. Centro Culturale Altinate. San Gaetano Padova Dal 13 settembre 2023 al 21 gennaio 2024

American Beauty, Da Robert Capa a Banksy.

Centro Culturale Altinate. San Gaetano Padova

Dal 13 settembre 2023 al 21 gennaio 2024


American Beauty, a Padova, al Centro Culturale Altinate, San Gaetano, dal 13 settembre al 21 gennaio p.v., fa vedere una selezione di 130 opere che raccontano luci e ombre degli Stati Uniti d’America nell’ultimo secolo. Mostra organizzata da ArtiKa, Comune di Padova e Kr8te; la curatela è di un giovane acuto, preciso e competente: Daniel Buso. Nell’introduzione alla mostra è stato esaustivo, come le quattro “divise” mostrate, l’intervento di Laurent Elie Badessi, artista fotografo che ha centrato, con la foto icona della rassegna, l’idea globale dell’esteriorità degli States. È la fotografia che introduce il visitatore alla decodifica delle ambiguità dell’universo americano. American beauty appunto, il meraviglioso ibrido di rosa che dopo l’esplosione quasi effimera della fioritura esibisce nel contempo l’odore pungente della marcescenza del gambo. L’edonismo estetico, di memoria reganiana, e la ricaduta nella società indottrinata tra l’esportazione della democrazia attraverso le guerre permanenti e le disuguaglianze sociali ancora da livellare. Un empireo dei ben 120 fotografi, artisti, documentaristi, reporter che danno lo sviluppo cronologico della società americana. La sale aprono con il bianco e nero, con maestri assoluti: Henri Cartier-Bresson, Robert Capa, Diane Arbus ed Elliott Erwitt, a seguire le stampe a colore di Steve McCurry, Vanessa Beecroft e Annie Leibovitz. Un percorso mirato con i maestri della Pop Art: James Rosenquist, Robert Indiana e Andy Warhol; quest’ultimo pose nel 1987 il dilemma: Moonwalk: E se abbiamo camminato sulla luna già alla fine degli anni Sessanta, in piena guerra fredda, con le risorse tecnologiche e informatiche del tempo, ora dovremmo andarci in ciclomotore e godere viaggi di nozze “fuori porta” sulla pallida Selene. Sezioni assai significative per frazionare la rassegna sotto vari temi; non poteva mancare l’arte della strada, con l’immediatezza del messaggio. Ecco allora la street-art di Keith Haring, di Brainwash, Obey e Banksy. Entra in scena l’America di Margaret Bourke-White: Una fabbrica di lavoranti, confezionatrici della bandiera; un tiraggio economico mai negativo vista la necessità di celebrare, di emulare, di seppellire. Una bandiera per e sulla quale giurare; Jake Delano e Dorothea Lange, rispettivamente ritraggono il magico momento: la bimbetta imbarazzata con in mano il simbolico simulacro e il giuramento di fedeltà alla bandiera dei bimbetti di San Francisco; neri, bianchi, gialli, pellirossa, disabili nel 1942 indistintamente a sposare la causa, magari nella ricaduta sociale mamma america dimenticava i figli minori, colorati, svantaggiati come il ragazzo “patriottico” di Diane Arbus. Sono le stelle e strisce alla velocità della luce (Rosenquist), oppure quelle che avvolgono il gallone di petroBush secondo la puntuale creatività di Jota Castro. E comunque la bandiera è presente ovunque nella società americana: nel villaggio di Standing Rock, alle spalle della famiglia Navajo, nel Made in China, negli scioperi, nelle rivolte di piazza, nelle manifestazioni per la pace o per la guerra; è un coprivolto in American Rage, è la cuccagna per Zhang Huan che s’arrampica lungo l’asta. Nell’American Beauty la bandiera è segno dei diritti per Shirley Chisholm o un legaccio, un sacco in testa per i detenuti di Guantanamo. Per la società americana, che ha guerra in casa (la corsa ad armarsi per affrontare il nemico, il terrorista dietro casa) e fuori per un continuo braccio di ferro con stati di diversa “democrazia” la bandiera è la sicurezza di un’identità non ancora raggiunta; icona del sogno da realizzare attraverso il self made man non sempre egualmente equo per gli americani tutti. Una mostra, fino al 21 gennaio prossimo da non perdere; una rassegna fuori dal consueto indubbio valore delle opere, ma –ciò che più conta- è la scelta e la disposizione delle argomentazioni, tali da offrire un quadro approfondito di un secolo di storia americana. Vincenzo Baratella.


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