mercoledì 28 marzo 2018

ROVERELLA Raccontare il Polesine CINEMA in Mnemosine




ROVERELLA

Raccontare il Polesine

CINEMA!

Storie, protagonisti, paesaggi

Rovigo, Palazzo Roverella 24 marzo - 1 luglio 2018

Mostra a cura di Alberto Barbera



Il 23 marzo 2018  a Palazzo  Roverella è stata inaugurata  la mostra  “CINEMA” dedicata alle esperienze cinematografiche e documentarie in Polesine di registi come: Antonioni, Visconti, Lattuada, Bolchi, Rossellini, Renato Dall’Ara, Soldati, Blasetti, Pietrangeli, Mazzacurati, Pupi Avati, Brass, Mingazzi, Vancini, Pontecorvo, Ragazzi, Quilici, Miccichè, Olmi, Lizzani. La rassegna  è costituita sia da filmati, sia da manifesti, locandine dedicati ai protagonisti delle opere cinematografiche  e da materiale fotografico riproducente alcune scene dei film. La rassegna è promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova con Accademia dei Concordi e Comune di Rovigo, sarà a Palazzo Roverella dal 23 marzo al primo luglio. La terra del Delta è sempre stata fonte di ispirazione per gli Artisti. La realtà determinata dal fiume che attraversa da Ovest a Est l’Italia Settentrionale va oltre il territorio geograficamente determinato perché rappresenta l’esistenza dell’essere umano  tutte le sue componenti positive e negative. Impossibile non sperimentare anche solo per poco, nel corso della vita delusioni, risentimento, momenti di odio e amore, indifferenza, melanconia, insomma tutto il repertorio delle possibilità emozionali. Eppure tutto è destinato a passare, tempus omnia medetur, per chi ha dentro di sé  il fiume: Padus omnia medetur. Le sue acque possono travolgere tutto, portare rovina, sofferenza, ma nello stesso tempo offrire possibilità di vita, di lavoro, di ispirazione artistica ed un placebo per l’anima se ci lascia sedurre dai suoi tramonti, dai colori, dal fluire dell’acqua ai colori del cielo, dall’avvolgente paesaggio tra fiume e mare, dalle distese dei campi. Il fiume  Po nella sua poliedrica espressività è una presenza che non si può eludere, inevitabilmente coinvolge, trasforma, “parla” a chi lo sa ascoltare. Il Polesine, come afferma il Sindaco di Rovigo, contenuto fra Adige e Po deve superare i suoi confini come hanno fatto  i messaggeri di cultura  che hanno lasciato la loro testimonianza. Cesare Bastelli, curatore fotografia e ufficio stampa del regista Pupi Avati assente per motivi di salute, è intervenuto all’inaugurazione della mostra  testimoniando attraverso l’esperienza cinematografica  la realtà complessa e unica di questa terra.[Emanuela Prudenziato ©]



mercoledì 14 marzo 2018

JOAN MIRO: Materialità e Metamorfosi in Mnemosine


JOAN MIRO: Materialità e Metamorfosi

Padova, Fondazione Bano, Palazzo Zabarella

Mostra organizzata da Fundacao de Serralves - Museu de Arte Contemporànea, Porto, e curata da Robert Lubar Messeri


La Fondazione Bano e il Comune di Padova accolgono a Palazzo Zabarella la Collezione Mirò conservata nella città di Porto, dal 10 marzo al 22 luglio 2018. Organizzata da Fundacao de Serralves - Museu de Arte Contemporànea, Porto, Joan Mirò: Materialità e Metamorfosi riunisce ben ottantacinque tra quadri, disegni, sculture, collages e arazzi, tutti provenienti dalla straordinaria collezione di opere del maestro catalano di proprietà dello Stato portoghese. Le opere furono di proprietà del Banco Portugués de Negociós, che nel 2008 in forti difficoltà economiche, decise di incaricare Christie's della vendita. Una protesta immediata costrinse a cancellare l'asta e rimpatriare le opere di Mirò, che vennero esposte pubblicamente per la prima volta al Museo Serralves di Porto, tra ottobre 2016 e giugno 2017. Prima di raggiungere Padova, la collezione è stata ospitata anche dal Palazzo Nazionale Ajuda a Lisbona con lo stesso titolo, Joan Mirò: Materialità e Metamorfosi. La mostra a Palazzo Zabarella copre un periodo di sei decenni della carriera di Joan Mirò, dal 1924 al 1981 concentrandosi in particolare sulla trasformazione dei linguaggi pittorici che l'artista catalano iniziò a sviluppare nella prima metà degli anni Venti. Documenta le sue metamorfosi artistiche nei campi del disegno, pittura, collage e opere di tappezzeria. “Con questa mostra, afferma Federico Bano dell’ omonima Fondazione, imprime al Palazzo Zabarella un nuovo corso culturale. Negli anni più recenti, questa sede espositiva si è andata connotando come il luogo privilegiato per ammirare grandi mostre su movimenti o artisti compresi tra la seconda metà dell'Ottocento e i primi due decenni del Novecento. Oggi Fondazione Bano considera quella importante stagione come giunta a completa maturazione.” Questa mostra, dedicata a Mirò, propone in Italia letture originali di pagine non secondarie della storia universale dell'arte, aprendo anche alle arti applicate. Federico Baro aggiunge: “Mi preme sottolineare un concetto per noi fondamentale: l'originalità delle nostre proposte. E' mia ambizione fare di Palazzo Zabarella un "luogo dove si possono ammirare mostre che altrove non si vedono". L'esempio di Mirò esplicita tale concetto”. Ferdinando Mazzocca, preziosa consulenza artistica del Zabarella, nella condivisione con la scelta della Fondazione, sottolinea la ricchezza di possibilità dell’arte moderna-contemporanea opposta alla pittura autoreferenziale dell’800. La raccolta di Mirò, con l’assemblaggio degli oggetti usati, dei colori a tempera della tradizione classica e materiali poveri, rivela l’estrosità dell’artista e il desiderio della sperimentazione. Mazzocca afferma: “Mirò è come un bambino estroso”. Ciò rimanda quasi alla pascoliana teoria del fanciullino in cui l’attimo della scoperta diviene poesia, arte. Il Sindaco di Padova Sergio Giordani e l’assessore alla cultura Andrea Colasio rilevano l’importanza della Fodazione Bano nel circuito culturale della città, che in questo periodo per le scelte fatte e l’unione delle sinergie tra i diversi poli museali e vestigia è destinata alla candidatura di Urbs Picta del patrimonio Unesco: La rassegna su Mirò è una ricchezza nella “miniera culturale da spendere”. A seguire l’intervento del curatore Robert Lubar Messeri: “Nel corso della carriera Joan Mirò (1893-1983) ribadì sempre l'importanza della materialità come fondamento della propria pratica artistica. -Se aggredisco un pezzo di legno con una sgorbia-, spiegò Mirò nel 1959 durante un'intervista, -questo gesto mi mette in un determinato stato d'animo. Se aggredisco una pietra litografica con una matita litografica, o una lastra di rame con un bulino, gli stati d'animo che ne derivano sono diversi. L'incontro con lo strumento e con la materia produce uno shock che è cosa viva e penso si ripercuoterà sull'osservatore-. L'inventario dei supporti fisici utilizzati da Mirò in settant'anni di attività artistica comprende materiali tradizionali, come tela (montata su telaio o meno, strappata, logorata o perforata), diversi tipi di carta da parati, pergamena, legno e cartone (ritagliato e ondulato), ma anche vetro, carta vetrata, iuta, sughero, pelle di pecora, fibrocemento, ottone, truciolato, Celotex, rame, foglio di alluminio e carta catramata. I materiali - che instaurano sempre un equilibrio delicato con il supporto - includono olio, colori acrilici, gessi, pastelli, matite Conte, grafite, tempera all'uovo, gouache, acquerello, vernice a smalto, inchiostro di china, collage, stencil e dacalcomanie, applicati in maniera innovativa su basi sia tradizionali che poco ortodosse: gesso, caseina e catrame, talvolta combinati con una eclettica gamma di oggetti comuni e materiali quotidiani, come linoleum, corda e filo. In questa esplorazione della materialità, che lo vide eguagliato forse solo da Paul Klee, Mirò allargò in maniera decisiva i confini delle tecniche di produzione artistica del Ventesimo secolo”. La mostra Joan Mirò: Materialità e Metamorfosi, coinvolge per le soluzioni psicodinamiche, allusive, per i risvolti introspettivi scaturiti oltre dalle soluzioni grafiche anche dalle caratteristiche fisiche di materiali specifici. Temi trattati: Femmes et oiseaux [Donne e uccelli] del 1968, Sobreteixim 4 de 1972 e Sobreteixim 10 del 1973. L’esposizione mostra una serie di collages senza titolo del 1929 e 1934. Le alternanze dei materiali “fungono da sostituti semiotici nei quali i materiali stessi assurgono allo status di segni”, sostiene il curatore. La mostra a Palazzo Zabarella, in Via Zabarella a Padova è visitabile fino al 22 luglio 2018. [Vincenzo Baratella]
Il curatore Robert Lubar Messeri; sotto alcune opere di Mirò






martedì 6 marzo 2018

MATTEO FABEN in Mnemosine



Dal 24 marzo al 12 aprile 2018 lo Studio Arte Mosè di Rovigo, via Fiume 18, presenta quindici sculture in marmo dello scultore veronese Matteo Faben.


Ecce Homo, marmo di Carrara. Opera ora collocata sulla facciata della chiesa di San Gaetano a Barletta.

Eclettismo plastico di Matteo Faben.

La scultura per essere tale ha bisogno di esibire la tridimensionalità del pensiero espresso. È difficile associare la statuaria a qualcosa di astratto poiché ciò piloterebbe il concetto all'informe creato spontaneamente dalla natura. È perciò ovvio che la quasi totalità delle rassegne plastiche abbiano un riferimento ad un dato oggettivo ben conosciuto e riconoscibile. Matteo Faben è l'artista della congiunzione tra un classicismo desueto per le salon des arts attuale, ma è comunque cronico nell'impatto affettivo con le aspettative dell’osservatore, è forgiatore di opere che rimandano al pensiero complesso delle odierne estrinsecazioni. Usa il marmo con una morbidezza plastomorfica unica nell’identificazione dell'inconfondibile stile che rimanda all’artista veronese. Riesce a mostrarsi con una personalità originale rispetto alla scuola degli scultori di oggi. La cultura del presente di Matteo è unica nonostante abbia vivo nell’esecuzione modelli di rappresentazione greco-romana mai persa. Non a caso predilige la sostanza che per la sua nobile struttura si appresta alla mimesi classica: il bianco saccaroide di Carrara. Questa è la sostanza nella quale tuffa lo scalpello e realizza opere che nulla hanno da invidiare al modello canoviano. L'autoritratto forte e realistico nel ripetere l'effige di Matteo esteticamente dà il modello della bellezza, soprattutto se vengono analizzati dettagli quali i risvolti del tessuto della camicia che si sollevano dal busto con leggerezza nei volumi, trasparente, dimenticando la materia costituendi sulla quale è improbabile aggiungere, ma comodo togliere. Nel trait-d’union tra il realismo elegante e nuove soluzioni nell’uso del soggetto Faben riesce a equilibrare le tendenze pur rivelandosi un ricercatore. La modernità del soggetto: Cane cieco, La donna di pasta, Madonna del sì, Ostrica, Il mistero della fede, sviluppa la novità tematica in accordo con la perizia tecnica. Ne l’incontrollabile, mano-guanto, retaggio post romantico di Klinger, il marmo avvolge sottile, impalpabile, con sublime eleganza un soggetto fantastico che si condensa nella roccia fino a rilevare la pelle del braccio, concludendosi nella mano che azzarda di afferrare l’idea. L'artista veronese propone il motore Harley Davidson; soggetto inusuale per la scultura, ma di travolgente originalità: l'idea popular-art dell'oggetto d’uso. “Le misure di questa scultura corrispondono esattamente all'originale, misurato con un pantografo manuale che riporta esattamente ogni singolo di quasi cinquecento punti presi, con un totale di novecento ore di lavoro impiegate. L'effetto stupefacente trasporta -sostiene  l’artista- ad ascoltare il suono di un vero motore fin dentro nell'animo e nel contempo crea un desiderio di realtà che, legato al marmo sa proprio di infinito”. Matteo è versatile; gli è congeniale riversarsi nella meticolosa ricercatezza delle forme quando presenta allo spettatore gli elementi minuziosi che compattano il soggetto religioso. Ecce Homo, di grande dimensione, ora in giusta collocazione sul portale della chiesa di San Gaetano di Barletta ha straordinaria forza e ineguagliabile slancio mistico. Faben è poliedrico e avanza oltre le attese erigendosi artista di nuovi linguaggi plastici. Da un groviglio, una matassa marmorea, si protende con la delicatezza candida, quasi di gomitolo di lana, una tela di seta, l’impalcatura che sfocia nell’idea realizzata plastica, forte nella pietra carrarese alla pari delle opere dei grandi maestri. Novello Rodin è legato all’accuratezza estetica e contemporaneamente anticipatore di nuovi linguaggi. Vincenzo Baratella
Autoritratto, marmo di Carrara.

sabato 3 marzo 2018

STATI D'ANIMO AI DIAMANTI in Mnemosine

STATI D'ANIMO; ARTE E PSICHE TRA PREVIATI E BOCCIONI






Inaugurata il 2 marzo 2018  al Palazzo dei Diamanti la mostra  Stati d’animo. Arte e psiche tra Previati e Boccioni.



Nella rassegna emerge per la prima volta la poetica degli stati d’animo. Dipinti manifesto come Ave Maria a trasbordo di Giovanni Segantini, Maternità di Gaetano Previati, il trittico degli Stati d’animo di Umberto Boccioni e altri importanti opere dell’arte italiana e internazionale tra Otto e Novecento, coinvolgono l’osservatore in un viaggio nei territori dello spirito. Per la prima volta  scienza e arte  si pongono il comune obiettivo di analizzare la psiche umana,  gli artisti  ricercano un sistema di comunicazione  nuovo, inedito per rappresentare le emozioni, i sentimenti più reconditi dell’essere umano. Tra di loro figurano i protagonisti della scena artistica dell’epoca, dai maestri del simbolismo e divisionismo, come Segantini, Previati, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Angelo Morbelli, a uno scultore originale come Medardo Rosso, fino ai capofila dell’avanguardia futurista, Balla, Carrà e soprattutto Boccioni, che seppe raccogliere il testimone dalla generazione precedente e creare un linguaggio dirompente che pone «lo spettatore nel centro del quadro», per trascinarlo nella dinamica delle emozioni e nella polifonia della metropoli moderna. In questo progetto Gaetano Previati, artista di punta delle collezioni delle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara, occupa un posto del tutto particolare: come affermava lo stesso Boccioni «con lui le forme cominciano a parlare come musica, i corpi aspirano a farsi atmosfera, spirito e il soggetto è già pronto a trasformarsi in istato d’animo». La mostra nasce proprio dalla volontà di approfondire e mettere in risalto il fondamentale ruolo giocato dall’artista ferrarese nel creare un ponte tra l’eredità dell’Ottocento e le avanguardie artistiche del nuovo secolo. La mostra  rimarrà aperta  dal 3 marzo  al 10 giugno 2018  presso il Palazzo dei Diamanti di Ferrara.[E.P.]