martedì 24 aprile 2018

ALBERT OEHLEN A PALAZZO GRASSI in Mnemosine

"COWS BY THE WATER" DI ALBERT OEHLEN
A PALAZZO GRASSI 

A CURA DI CAROLINE BOURGEOIS
Da domenica 8 aprile 2018 Palazzo Grassi presenta 'Cows by thè Water', la mostra personale di Albert Oehlen (1954, Krefeld, Germania) nell'ambito del programma delle monografie di artisti contemporanei - inaugurato a Palazzo Grassi nell'aprile 2012 con Urs Fischer e proseguito con Rudolf Stingel, Irving Penn, Martial Raysse, Sigmar Polke e Damien Hirst - alternate a esposizioni tematiche della Pinault Collection. La mostra, a cura di Caroline Bourgeois, traccia un percorso lungo la produzione dell'artista attra­verso una selezione di oltre 80 opere, dalle più note a quelle meno conosciute, dagli anni '80 a oggi, provenienti dalla Pinault Collection e da importanti collezioni private e musei internazionali. Il percorso espositivo, concepito insieme all'artista appositamente per gli spazi di Palazzo Grassi, non segue un ordine cronologico ma un ritmo sincopato tra i diversi generi, a voler rappresentare il ruolo della musica nella produzione di Albert Oehlen, metafora del suo metodo di lavoro dove contaminazione e ritmo, improvvisazione e ripetizione, densità e armonia dei suoni, diventano ge­sti pittorici. Pur rifiutandosi di appartenere a una corrente o a un movimento artistico specifico, Albert Oehlen si è affermato come uno dei protagonisti della pittura contemporanea grazie a una ricerca in conti­nua evoluzione dedicata al superamento dei limiti formali e alle sperimentazioni, più che al soggetto dell'opera. "Albert Oehlen è un artista che ama perseverare. Se i temi ritornano è per approfondire, testare il suo lavoro, riprenderlo per metterlo in discussione e trattarlo ogni volta in modo diverso", così Caroline Bourgeois descrive il lavoro dell'artista. Lo storico dell'arte Jean-Pierre Criqui suggerisce nel suo testo in catalogo, di "vedere le opere di Albert Oehlen come territori. In realtà, l'impressione di confine, limite, riorganizzazione è molto frequente. La legge segreta - mai enunciata, incessantemente modificata - che presiede a queste creazioni è quella del palinsesto, della sedimentazione, degli strati sovrapposti, molto spesso an­che dell'interferenza." La mostra a Palazzo Grassi è la più grande monografica dedicata in Italia ad Albert Oehlen, già protagonista di importanti esposizioni in tutto il mondo - tra le altre al Museo Nacional de Bellas Artes di L'Avana nel 2017, al Cleveland Museum of Art nel 2016, al New Museum di New York e alla Kunsthalle Zurich nel 2015, al Kunstmuseum di Bonn nel 2012 e al Musée d'Art Moderne de la Ville de Paris nel 2009. In occasione della mostra, Albert Oehlen presenta il progetto "Cofftea/Kafftee".

ALBERT OEHLEN

Albert Oehlen è nato nel 1954 a Krefeld, Germania. Vive e lavora in Svizzera. Dal 1978 al 1981 studia alla Hochschule fiir Bildende Kùnste di Amburgo e, dal 2000 a 2009, insegna pittura alla Kunstakademie di Dùsseldorf. Le opere di Albert Oehlen sono state esposte in numerose mostre personali e collettive presentate in istituzioni in tutto il mondo - tra le altre al Museo Nacional de Bellas Artes a L'Avana nel 2017, al Cleveland Museum of Art e al Guggenheim di Bilbao nel 2016, al New Museum di New York nel 2015, al Museum Moderner Kunst di Vienna nel 2013, al Kunstmuseum di Bonn nel 2012 e al Musée d'Art Moderne de la Ville de Paris nel 2009. La mostra a Palazzo Grassi è la più grande monografica dedicata, in Italia, all'artista.


DANCING WITH MYSELF in Mnemosine

DANCING WITH MYSELF
08/04/2018 – 16/12/2018
PUNTA DELLA DOGANA
Domenica 8 aprile apre a Punta della Dogana la mostra collettiva “Dancing with Myself” a cura di Martin Bethenod e Florian Ebner. Nata dalla collaborazione tra la Pinault Collection e il Museum Folkwang di Essen, la mostra è stata presentata in una prima versione a Essen nel 2016. L’esposizione è stata profondamente ripensata per gli spazi di Punta della Dogana, con oltre 56 opere non esposte nel museo tedesco. “Dancing with Myself” indaga l’importanza primordiale della rappresentazione di sè nella produzione artistica dagli anni ’70 a oggi e del ruolo dell’artista come protagonista e come oggetto stesso dell’opera. Attraverso un’ampia varietà di pratiche artistiche e linguaggi (fotografia, video, pittura, scultura, installazioni…), di culture e provenienza, di generazioni ed esperienze, la mostra mette in luce il contrasto tra attitudini differenti: la malinconia e la vanità, il gioco ironico dell’identità è l’autobiografia politica, la riflessione esistenziale e il corpo come scultura, effigie o frammento e la sua rappresentazione simbolica. La mostra accompagna il visitatore lungo quattro tematiche che si sviluppano in un percorso fluido negli spazi di Punta della Dogana - Melancolia, Giochi d’Identita, Autobiografie Politiche, Materia Prima – attraverso oltre 140 opere con un nucleo di 116 lavori dalla Pinault Collection, dei quali oltre 80 mai esposti prima a Venezia, posti in relazione con una selezione di opere provenienti dal Museum Folkwang. Sono 32 gli artisti rappresentati, tra loro Marcel Bascoulard, Broodthaers, Damien Hirst, Giulio Paolini si aggiungono a quelli gia presentati a Essen nel 2016. In mostra opere di grande formato degli autoritratti di Rudolf Stingel, i lavori iconici degli inizi del duo Gilbert & George, le sculture di Alighiero Boetti, Urs Fischer, Robert Gober e Maurizio Cattelan, le opere di Cindy Sherman contraddistinte dalla rappresentazione postmoderna dei ruoli tradizionali e le critiche sociali e politiche degli artisti come LaToya Ruby Frazier, Paulo Nazareth, Adel Abdessemed e Lili Reynaud-Dewar danno origine a un dialogo vivace che riflette sulla visione del se nell’arte del ventesimo e all’inizio del ventunesimo secolo e che ci porta nel pieno del dibattito del nostro tempo. Una significativa rassegna, nel prestigioso complesso di Punta della Dogana, in cui l’io dell’artista interagisce con l’animo dello spettatore; dancing with my self è indagine introspettiva e comunicazione dell’intimo con sé e gli altri. La rassegna si concluderà il 16 dicembre 2018.
Urs Fischer,  Autoritratto dell'Artista, cera.
URS FISCHER (1973, Zurigo, Svizzera)
Urs Fischer e uno degli artisti svizzeri contemporanei più di successo. Le sue opere sono caratterizzate dai concetti di movimento, mutevolezza e flusso, cosi come dall’utilizzo di strategie intese ad evitare che la forma o il significato ad un certo punto si cristallizzino. A lui sono state dedicate numerose mostre personali incluso a Palazzo Grassi nel 2012. Ma le sue opere sono comparse anche in esibizioni collettive, quali “Where Are We Going?” (2006), “The Francois Pinault Collection – A Post-Pop Selection” (2006), “Sequence 1” (2007), “Mapping the Studio” (2009) e “Il mondo vi appartiene” (2011) a Palazzo Grassi – Punta della Dogana. La Biennale di Venezia ha esposto i suoi lavori nel 2003, 2007 e 2011.
ALIGHIERO BOETTI (1940, Torino – 1994, Roma)
Alighiero Boetti è un artista affascinato dal tema del dualismo, o del doppio. Nel 1967 partecipa alla mostra che fonda l’Arte Povera poi, nel 1969, alla mostra di Berna “Quando attitudini diventano forma” ed è nuovamente presente nel 2013 alla Fondazione Prada a Venezia. Le sue opere sono state presentate a “Where Are We Going ?” (2006), “Italics” (2008), “Il mondo vi appartiene” (2011) e “Prima Materia” (2013) a Palazzo Grassi – Punta della Dogana a Venezia. Boetti ha preso parte alla Biennale di Venezia, sia all’evento principale che ad altri collaterali come la mostra “minimum/ maximum” alla Fondazione Giorgio Cini nel 2017.
MAURIZIO CATTELAN (1960, Padova, Italia)
Maurizio Cattelan è un artista italiano che si contraddistingue per uno straordinario senso dell’umorismo e della provocazione. La sua opera è accompagnata da un vasto lavoro editoriale: crea diversi periodici – Permanent Food, Charley e Toilet Paper – che oggi occupano gran parte della sua attività. Ha realizzato diversi progetti per gli spazi pubblici: Hollywood, in una discarica in Sicilia (2001) o L.O.V.E. a Milano (2010). Gli sono state dedicate molte mostre personali e collettive, come per esempio “Where Are We Going?” (2006), “La collection Francois Pinault - Une selection post-pop” (2007), “Italics” (2008), “Mapping the Studio” (2009), “Il mondo vi appartiene” (2011) ed “Elogio del dubbio” (2011) a Palazzo Grassi – Punta della Dogana a Venezia. Per la sua ultima partecipazione alla Biennale di Venezia, nel 2011, ha portato 2000 piccioni imbalsamati (Others) nel Padiglione centrale dei Giardini.

giovedì 19 aprile 2018

TONI ZARPELLON, Ricerca di silenzi e di anime, in Mnemosine


Studio Arte Mosè
Toni Zarpellon: personale e Catalogo 2009-2011
Ricerca di silenzi e di anime
         Presso lo Studio Arte Mosè, Vincenzo Baratella ha presentato il nuovo Catalogo 2009-2011 e la personale di Toni Zarpellon, un artista veneto che emerge nel panorama farraginoso di correnti e di stili. Nel 2011, nell’ambito degli eventi collaterali della Biennale 54 di Venezia, il pittore aveva avuto uno spazio interamente dedicato alle sue cento teste di donna alla Scuola Grande dei Carmini, istituto in cui aveva insegnato.
         Vincenzo Baratella, critico che si muove con grande competenza nel mondo dell’arte contemporanea, autore del recente saggio La fatina per Pinocchio c’è sempre, è riuscito a portare Zarpellon, per la terza volta, nella sua galleria-accademia, dove si vivono momenti di bellezza e d’amicizia, di studio e di ricerca.
Pittore, scultore, incisore, poeta, Zarpellon, sorridente e felice, si perde nella narrazione, se entra in sintonia con i suoi interlocutori. Nato a Bassano nel 1942, ha scelto come soggetto i prati con le mucche, i fiori, i boschi, le rocce e la gente della sua terra, riuscendo a catturarne la luce e i colori, i drammi e i segreti. Le tonalità dei fiori – nota Zarpellon – superano ogni tavolozza. I suoi sono paesaggi essenziali di poche linee curve, sono un’esplosione di verde, violetto, indaco, giallo, arancione, rosso carminio. Gli ultimi sembrano tendere all’informale, ma – afferma Baratella – sono invece iperrealistici. E la donna-natura, inserita nel paesaggio, è anch’essa albero, fiore, cielo nei pungenti occhi azzurri di Raffaella, capaci di distrarre l’attenzione dal corpo nudo al volto, poiché oggetto d’indagine non è il corpo ma l’anima.
Zarpellon all’auto preferisce il treno, non ha una mail ma solamente un numero di cellulare. L’amore per la solitudine e il silenzio l’hanno portato nelle cave di Rubbio, allora abbandonate da cinquant’anni a mille metri di altezza, fra Conco, Marostica e Bassano. Da quel paradiso lo sguardo si perde fino alla laguna di Venezia, alle Pale di San Martino e al Lagorai, giù fino agli Appennini.
L’artista voleva rompere la gabbia mortificante dello zoo in cui siamo rinchiusi e riscoprire gli spazi aperti. Voleva uscire dal nichilismo e dai messaggi di morte del nostro tempo. Le sue sono riflessioni filosofiche che si spingono a considerare la crisi dei giovani senza futuro come un’implosione. Voleva uscire dalle gallerie, come fecero gli impressionisti. Ora nelle gallerie è rientrato ma consapevole dell’autonomia del pensiero. Forse, neppure lì, fra gli alberi e le rocce dell’altipiano, Zarpellon ha trovato il silenzio, poiché le cave sono diventate la meta di un pellegrinaggio continuo di persone, come lui in cerca d’infinito, ma è riuscito a portare l’arte nella natura, in una galleria fra prati e cielo. I primi, pensava andassero per funghi.
Il male di vivere – dice – non si cura con la chimica ma con la forza interiore che nasce dagli spazi di queste montagne. E’ felice di condividere lo stupore del silenzio e dell’arte, con un messaggio di salvezza oltre le vicende personali.
Dal 1989 sono state più di 400 mila le persone salite per vedere la cava dipinta, la cava abitata dai serbatoi vuoti delle auto, trasformati in volti mostruosi, e la cava laboratorio che ha pensato per i bambini e ripulito dal pietrisco con una carriola. Zarpellon racconta di canti e nidi d’uccelli e d’insetti nei serbatoi, di vita nata dalla morte, del vento la sera che dà voce lugubre a quei mascheroni.
         E’ un ritorno alla pittura rupestre, agli occhi dell’animismo primitivo, per giungere ai serbatoi dipinti, simbolo della civiltà dei consumi, dell’uomo crocifisso dalla macchina. La storia dell’uomo-artista è tutta in queste cave.
         Per Zarpellon, l’arte è dramma davanti alla tela bianca, è comunicazione, provocazione, momento di riflessione. Ha disegnato per cento giorni consecutivi se stesso, ha dipinto cento teste di donna, nella ricerca spasmodica dell’anima. Ogni quadro è un’avventura, sta in incubazione per anni, poi una mattina esplode. Quando viene meno la tensione esecutiva, l’opera è finita. Una risposta, sapendo che non sarà mai definitiva.                                                               Graziella Andreotti©
Toni Zarpellon nella Cava dipinta, agosto 2007
Le cento teste 
di donna, personale allo Studio Arte Mosè 1.3.2008
La cava abitata, Rubbio, agosto 2008
La cava dipinta, Rubbio, agosto 2008
Paolo Limiti presenta il catalogo di Toni Zarpellon alla Milano art Gallery. (foto inviata)

martedì 17 aprile 2018

EGITTO RITROVATO a Palazzo Roncale in Mnemosine


EGITTO RITROVATO a Palazzo Roncale

La Collezione Valsé Pantellini

Dal 14 aprile al 1 luglio 2018

Numerosi reperti della Collezione Egizia dell'Accademia dei Concordi saranno in mostra a Palazzo Roncale per iniziativa della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo in collaborazione con l'Accademia dei Concordi e il Comune di Rovigo dal 14 aprile al 1 luglio. La collezione egizia dell'Accadèmia dei Concordi annovera 500 pezzi la maggior parte dei quali furono raccolti dal Comm. Giuseppe Valsé Pantellini (Rovigo 1826 - Fiesole 1890). Questo rodigino, in esilio a causa della partecipazione ai moti d'insurrezione del Polesine nel 1848, trovò rifugio al Cairo. Qui prese in gestione, e poi in possesso, il Grand Hotel e successivamente l’Hotel d’Europe, due punti prestigiosi d’incontro per accogliere significative personalità e ricercatori. Tra gli egittologi di fama: Auguste-Édouard Mariette e Gaston Camille Charles Maspero. In occasione dei festeggiamenti per l'apertura del Canale di Suez, Valsé Pantellini viene scelto dal Viceré d'Egitto per alloggiare e assistere gli illustri ospiti internazionali. Lorenzoni, Presidente dell'Accademia dei Concordi di Rovigo nel 1877, si rivolge al concittadino per acquisire reperti al fine di realizzare un museo egizio a Rovigo. Pantellini tra il 1878 e il 1879 invia a Rovigo le testimonianze tanto ambite. In mostra al Roncale si possono ammirare il cofanetto ligneo a forma di sarcofago, appartenuto al principe lahmes Sapair, figlio del faraone della XVII Dinastia Seqenera-Djehuty-Aa, un sigillo cilindrico, databile alle prime dinastie, due stipiti di falsa porta in calcare bianco con figure a bassorilievo, una stele familiare databile al tardo Medio Regno, due frammenti di una grande stele d'Età Ramesside, una serie di bronzetti votivi di divinità e numerose statuine funerarie, tra le quali dodici esemplari databili alla XXV Dinastia o all'Età Napatea. Sono da ricordare inoltre numerosi amuleti risalenti principalmente all'Età Tarda, una pregevole maschera di sarcofago in legno dipinto, due frammenti di cartonnoge di mummia, un lotto di tre "reliquari" in calcare, a forma di basso obelisco che presentano su una delle facce la figura stante a rilievo del dio Osiride, una serie di rilievi e statuette raffiguranti il dio Bes databili principalmente all'Età Tolemaica. Ad essi si aggiungono due mummie. La  curatela scientifica è stata affidata al gruppo di  lavoro Egitto Veneto, con  il coordinamento della dott.ssa Paola Zanovello. Attrattiva spettacolare sono indubbiamente le due mummie, una di giovane donna ("Meryt") e l'altra di un ragazzo ("Baby"), reperti di punta della donazione Valsé Pantellini. Vennero conservate in una teca nella posizione che avevano al loro arrivo dall'Egitto: "Baby" adagiato su "Meryt". Le mummie saranno oggetto di un importante restauro affidato a Cinzia Oliva, tra i massimi esperti in Italia del settore, attiva presso il Museo Egizio di Torino. Partner negli interventi restaurativi e indagini scientifiche sono l'Università degli Studi di Padova e l'Università Ca' Foscari di Venezia, che assicurano il supporto scientifico nei vari settori di competenza: medicina e antropologia. Conclusa la fase di "consolidamento e messa in sicurezza", i reperti saranno sottoposti a precisa campagna diagnostica che prevede la loro la datazione col metodo del carbonio C14, la tomografìa computerizzata (TAC), la scansione con laser scanner 3D. La più parte delle operazioni di restauro conservativo saranno fatte direttamente durante il periodo espositivo nelle giornate: 14, 15,16 aprile dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.30 alle 19.00 e il 6, 7, 8, 9 giugno, con gli stessi orari. In questi giorni i visitatori potranno vedere   all'opera   la dottoressa Cinzia Oliva e porle domande. [V.B.]




Dott.ssa Cinzia Oliva davanti alla mummia. 











 Sotto la Dott.ssa Cinzia Oliva e la Dott.ssa Paola Zanovello..



Tiziana Torcoletti in Mnemosine


DIMENDIONE DONNA

“Scarpette rosse” di Tiziana Torcoletti

dal 14 aprile al 3maggio allo Studio Arte Mosè

Il titolo  della mostra  della sociologa  Torcoletti sottolinea l’interesse per le problematiche  inerenti   la società  che si riconosce  prevalentemente nel modello maschile  e  la dimensione  femminile. IL desiderio di successo espressione  del mondo maschile, nel tempo, si è rivelata  una componente anche del femminile. La congiunzione  è rivelatrice della considerazione millenaria nei confronti della donna: elemento strano capace di dare la vita, di avere dei sentimenti, reazioni emozionali, desideri tali e quali all’ ”altra parte del cielo”. Come  controllare tutto ciò, dare una spiegazione alla propria finitezza, che solitamente rimane a livello inconscio, nella normalità dei casi? Per chi invece supera la soglia dell’autocontrollo: c’è l’atto  sacrilego per impadronirsi  del potere dell’altro, diventare l’altro. Dall’ammirazione incondizionata, all’invidia per ciò che rappresenta il femminile: bene, male, accettazione, rifiuto perché la comunicazione, il contatto passano attraverso un linguaggio da saper decifrare  con il cuore  e il cervello. Ciò che appare bello, meraviglioso ha una sua fragilità, sensibilità degne di rispetto; l’irraggiungibile dimensione di qualcosa di superiore pur nella sua umiltà. Nella quotidianità spesso la volontà femminile è negata; mette a nudo le incongruenze, la superficialità pericolosa dei comportamenti e allora l’immagine e nel contempo la figura concreta della donna  vengono negate, cancellate con un tragico infantilismo, un nascondersi dietro a un dito per non ammettere la realtà. Troppe volte si uccide materialmente ciò che  invece  si vuole far sparire psicologicamente: quel male  che è incapacità di crescere, di vedere onestamente in sé stessi i propri limiti e difetti. Emanuela Prudenziato


Tiziana Torcoletti vive e lavora ad Ancona.  Con la passione per l’arte ed una laurea in sociologia, frequenterà per molti anni lo studio dell'artista Christian Martin e attraverso i suoi insegnamenti apprenderà la tecnica del disegno a matita. Le sue opere sulla carta e sulla stoffa con sfumature e tratti leggeri si orienteranno verso corpi femminili. Parteciperà con i suoi disegni a diverse mostre fino a che nel 2007 apre una  galleria d'arte che in seguito, con la collaborazione di altri artisti, diventerà l'Associazione Culturale Galleria Puccini di cui è  il direttore artistico. Si è avvicinata  alla fotografia partecipando  agli incontri e conferenze del circolo fotografico Crua Scatto Flessibile e a workshop  fotografici tra cui quello con il fotoreporter Valerio Bispuri organizzato dal circolo fotografico “Il Mascherone”.  Ha esposto le sue foto in varie mostre e partecipato ad alcuni concorsi fotografici. La fotografia è la chiave che ogni volta le apre porte nuove e le regala lo strumento per raccontare. Insegue storie attraverso i particolari, tentando di catturarne i momenti unici, gli aspetti curiosi e le emozioni,  attraverso la luce, i colori e il bianco e nero.