mercoledì 27 febbraio 2019

Canaletto & Venezia Palazzo Ducale – Venezia – Dal 23 febbraio al 9 giugno 2019 in Mnemosine

Canaletto & Venezia

Palazzo Ducale – Venezia – Dal 23 febbraio al 9 giugno 2019
Canaletto, La Chiesa e la Scuola della Carità dal laboratorio dei marmi di San Vidal

Eccezionali sinergie, collaborazioni italiane, europee ed internazionali per la straordinaria mostra Canaletto & Venezia. Canaletto è il minuzioso narratore della Venezia del Settecento. Le sue vedute mostrano nei minimi particolari la città d'acqua, superba nel manifestarsi nella grandiosità scenografica. Giovanni Antonio Canal detto Canaletto (Venezia 1697 – 1768) proviene da una famiglia di artisti. Il padre Bernardo e il fratello Cristoforo erano pittori di scenografie, con loro nei teatri veneziani il giovane Antonio fa le sue prime esperienze con colori e scenari, con il padre va a Roma. Tornato nella città natale Canaletto inizia un'intensa attività paesaggistica e la bravura giustifica il successo. Il vedutismo nasce nei primi anni del Secolo, con la pubblicazione nel 1703 della raccolta di oltre 100 incisioni intitolata “Le fabbriche e vedute di Venezia disegnate, poste in prospettiva et intagliate da Luca Carlevarijs”, l'artista che in seguito Canaletto superò nel mondo della committenza. L’incontro e sodalizio con il banchiere Joseph Smith è fondamentale per Canaletto. Smith avvia il veneziano nel panorama artistico internazionale. In questo caso è quasi doverosa una comparazione con Antonio Canova; anch’egli ebbe commissioni in Europa e in America (cito la statua a George Washington, purtroppo distrutta in seguito ad un incendio). Nei salotti di Joseph Smith, e quindi di Canaletto, gravitano diverse personalità che trattano di palladianesimo internazionale, di battaglie illuministe, di filosofia sperimentale. Canaletto vive la stagione dell’illuminismo e si arricchisce di sperimentazioni visive scientifiche per la definizione delle immagini. Venezia nel Settecento è attraversata da contraddizioni complesse. Nonostante abbia perso il monopolio nel Mediterraneo è uno dei centri più cosmopoliti del tempo, vissuta e attraversata da colti mercanti e raffinati collezionisti, libertini (meritevole di menzione Casanova) e viaggiatori stranieri, la Repubblica di Venezia è ancora uno stato importante dell’Italia, all’epoca ancora frazionata. Subisce la stagione delle guerre europee per le successioni e le rivoluzioni; in primis quella del carbone nel Regno Unito e quasi contemporanea la rivoluzione sociale in Francia nel 1789. In questo clima di apparente decadenza le famiglie della nobiltà veneziana dispongono ancora di ingenti ricchezze. Venezia vive quindi l’ultima grandiosa stagione dell’arte, del lusso e delle contraddizioni. A tal proposito significative due opere: “La chiesa e la scuola della Carità dal laboratorio dei marmi di San Vidal” di Canaletto e “Concerto da camera” IV e V di Marco Ricci. Canaletto va al di là della vedutistica nel focalizzare scene di vita quotidiana del popolo, del terzo stato per dirla alla francese, con il pollo e la filatrice alle finestre e le occupazioni lavorative del proletariato. Sebastiano Ricci invece sostiene i salotti nobili con le relative ostentazioni di una superiorità esistenziale, tra ambiguità e perpetuazione dell’iter esistenziale senza spinte innovative; in effetti nella melensa atmosfera del concerto campeggia la figura di Nicola Grimaldi, il Nicolini con la corpulenta stazza del castrato, come simbolo di una società gaudente, ma in fase decadente. Nel maggio del 1746, a quarantanove anni, Canaletto va a Londra e nonostante le rivalità con i pittori inglesi guadagna da numerose commissioni; una cinquantina di grandi vedute sono la testimonianza del periodo londinese. Rimane in Inghilterra fino al 1755. Rientra definitivamente a Venezia nel 1760 e ivi muore otto anni dopo. La rassegna di Palazzo Ducale ha messo in relazione le opere di Canaletto con quelle degli altri maestri della scuola veneziana. Proprio Tiepolo, contemporaneo di Antonio Canal è l'autore della tela che accoglie il visitatore nella prima sala e rappresenta il Nettuno che offre i doni del mare all'allegoria di Venezia. Il percorso espositivo dà risalto ai fatti e alle immagini, identificabili nella comparazione attuale, scandisce la storia dell'arte in laguna durante tutto il Settecento attraverso la grande pittura, il disegno, l'incisione, le arti decorative, le porcellane. Francesco Guardi e Pietro Longhi spostano lo sguardo sulla città godereccia e carnevalesca. Pastelli di Rosalba Carriera marcano la fisiognomica in due ritratti dalla ostentata nobiltà inglese quasi contrapposti alla ricamatrice e pittrice Giulia Lana ritratta da Giambattista Piazzetta. A Palazzo Ducale sono esposte 25 opere di Canaletto, con alcuni pezzi mai visti a Venezia e prestiti di grande valore da parte di prestigiose collezioni private inglesi. Attorno a queste, un intenso allestimento in 11 sale comprende altri 80 quadri e venti sculture, oltre a una corposa presenza di incisioni e disegni e alla straordinaria esposizione di porcellane, per un totale di oltre 270 pezzi. La porcellana, segreto della Cina per molto tempo, nel Settecento viene riprodotta in Europa secondo lo spirito del rococò con le sue linee aeree, agili, impossibili con altri materiali. Bellotto e Guardi corredano la mostra di preziose immagini della città lagunare. A Venezia nasce l'Accademia, in sintonia con Roma e il resto d'Europa. L’Illuminismo favorisce l’idea dell’arte neoclassica e in tale contesto emerge la figura di Antonio Canova. Nell’ultima sala a Palazzo Ducale si possono ammirare alcuni gessi e il suo bozzetto per il monumento commemorativo a Francesco Pesaro del genio di Possagno. Vincenzo Baratella©
Giambattista Tiepolo, Giove e Danae


lunedì 25 febbraio 2019

“VELE” Antologica di Luigi Marcon in Mnemosine

“VELE”
Antologica di
Luigi Marcon
allo Studio Arte Mosè di Rovigo

dal 02 al 21 marzo 2019
“VELE”
Antologica di
Luigi Marcon

a cura di Vincenzo Baratella
Studio Arte Mosè
dal 02 al 21 marzo 2019


Lo Studio Arte Mosè di Rovigo ospita l’antologica di Luigi Marcon curata da Vincenzo Baratella, amico dell’Artista. Inaugurazione sabato 02 marzo 2019 alle ore 18,00. Una trentina di opere esposte di cui una decina di incisioni e venti oli sull’ultima produzione di Marcon accumunati da affinità tematica. Vele appunto per una mostra diversa, introspettiva, per raffigurare il viaggio interiore dell’andata e del ritorno con il preciso scopo di approdare nel porto sicuro. Una riflessione sulle vele come il mezzo per affrontare il cammino dell’esistenza. Nella proiezione della metafora c’è il desiderio della narrazione del sé; “il coraggio dell’Arte” -titolo dato dall’artista alla grande rassegna dopo il rovinoso incidente in montagna- attiva il desiderio della comunicazione. Luigi Marcon nasce a Tarzo, a pochi chilometri da Vittorio Veneto, nel 1938; apprende l’arte di incidere a Venezia, prima nell’Istituto d’Arte con Dalla Zorza e Dinon, e in seguito presso il Centro Internazionale della grafica con Licata e Simon. Nella pittura e nella ceramica segue il maestro Cillo. Conobbi l’amico e Artista negli anni Ottanta nella galleria rodigina Incontro. Nel terzo millennio è iniziato un sodalizio forte con numerose rassegne presso lo Studio Arte Mosè. L’Artista  trevigiano è noto soprattutto come superlativo grafico. Qualità ineguagliabili rilevano le stampe nell’acquaforte, nell’acquatinta, nella puntasecca, nella ceramolle, in cui s’alternano velature, effetti carboncino, segni decisi quasi a matita grassa, infinitesimali tratti che solo la perizia di chi ha sperimentato e praticato l’incisione per un’intera vita sa palesare. Ha all’attivo una produzione di oltre cinquemila lastre… Ha raffigurato le montagne, i corsi d’acqua, i laghi, i mari, le colline, i paesi, le città, macchie boschive, prati, declivi, castelli e borghi d’Italia e d’Europa. Per citare solo qualche titolo di cartella: Borghi e castelli della Germania, Il virginese e le delizie estensi ferraresi, Bressanone e Novacella, I monasteri d’Italia, I laghi. Le Dolomiti. Le poste tedesche possono con orgoglio esibire un francobollo commemorativo l’ottocentesimo anno dalla fondazione della città di Landshut, assieme ad una sala museale dedicata al Nostro. In mostra allo Studio Arte Mosè, per gentile concessione, sarà esposta l’incisione originale che ha dato vita al francobollo tedesco nominato. La saletta della grafica, spazio in cui Marcon ha consacrato tempo ed energie per esporre ed insegnare l’arte della calcografia è oggigiorno un punto di riferimento, la meta per appassionati ed estimatori. Una triste virata del timone, l’infortunio, ha costretto Luigi a recuperare l’iniziale passione di gioventù: la pittura ad olio; quella che ammirai quarant’anni fa, ora perfezionata con sorprendenti risultati, dovuti alle esperienze maturate. Una ventina di opere, sotto il comune denominatore di “vele”, sfoggia porzioni di paesaggio su cui  campeggiano i corredi dei pescatori, fondamenta pei naviganti; pur nell’esecuzione in studio, gli oli sono il frutto di un incommensurabile insieme di schizzi, di appunti, di taccuini, di realizzate incisioni. In ogni quadro il riscontro fedele al vero, al paesaggio reale che Marcon ha colto durante differenti viaggi e ispirazioni. “Vele” dal tocco deciso, di getto, per marcare le sensazioni, il movimento, le geometrie ed i volumi di terre, lidi, acque, porti, ponti e chiese. E’ pennellata spedita per ostentare l’immediatezza dell’attimo vissuto con sentimento. I contrasti cromatici sono forti all’unisono con la mutevolezza degli stati d’animo. Dieci acqueforti completeranno il percorso espositivo. La mostra in via Fiume, 18 a Rovigo, con ingresso libero, sarà visitabile dal 02 al 21 marzo 2019 tutti i giorni feriali dal lunedì al venerdì dalle 16,30 alle 19,30
Luigi Marcon
incisione di Marcon, "Porta San Bartolomeo" di Rovigo
Francobollo tratto da incisione di Marcon
Vele in canale, olio di Luigi Marcon.

lunedì 18 febbraio 2019

BOLDINI e la moda ai Diamanti in Mnemosine

BOLDINI E LA MODA
FERRARA - PALAZZO DEI DIAMANTI
DAL 16 FEBBRAIO AL 2 GIUGNO 2019
Organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte e dal Museo Giovanni Boldini di Ferrara, la mostra "Boldini e la moda" racconta per la prima volta la storia dell'affascinante legame che il pittore ebbe con la nascente industria del fascino e della celebrità. Frutto di un lungo studio che attraverso i documenti ha permesso la ricostruzione della fitta rete di rapporti sociali e professionali dell'artista, la rassegna mostra infatti come Boldini fu capace di farsi interprete della moda del tempo fino a giungere a influenzarne le scelte, al pari di un contemporaneo trendsetter. Affermatosi nella Parigi tra Otto e Novecento, crocevia di ogni tendenza del gusto e della modernità, Boldini ha immortalato la voluttuosa eleganza delle élite cosmopolite della Belle Époque. Il suo talentuoso pennello ha consegnato alla posterità le immagini dei protagonisti di quell'epoca mitica - da Robert de Montesquiou a Cléo de Mérode, da Consuelo Vanderbildt alla marchesa Casati - concorrendo a fare di loro delle vere e proprie icone glamour. Colta inizialmente per quel suo essere quintessenza della vita moderna, elemento che lega l'opera alla contemporaneità, la moda - intesa come abito, accessorio, ma anche sofisticata espressione che trasforma il corpo in luogo del desiderio - diviene ben presto un attributo essenziale e distintivo della sua ritrattistica. Grazie ad una pittura che unisce una pennellata nervosa e dinamica all'enfatizzazione di pose manierate e sensuali volte ad esaltare tanto le silhouette dei modelli quanto le linee dei loro abiti - e con la complicità delle creazioni dei grandi couturier Worth, Doucet, Poiret e le Sorelle Callot – Boldini dà vita a una personale declinazione del ritratto di società che diviene un vero e proprio canone, modello di stile e tendenza che anticipa formule e linguaggi del cinema e della fotografia di moda del Novecento. Un percorso suggestivo composto da oltre cento opere mette insieme dunque splendidi dipinti, disegni e incisioni di Boldini e dei suoi colleghi Degas, Manet, Sargent, Whistler, Seurat, Blanche ed Helleu a meravigliosi abiti d'epoca, libri e oggetti preziosi. Ordinata in sezioni tematiche, ciascuna patrocinata da letterati che hanno contribuito a fare della moda un elemento fondante delle poetiche della modernità, da Charles Baudelaire a Oscar Wilde, da Marcel Proust a Gabriele D'Annunzio, la rassegna svela i suggestivi intrecci tra arte, moda e letteratura che hanno segnato la fin de siècle e, evocando la cornice di mondanità, charme e raffinatezza che fece da sfondo alla lunga carriera di Boldini, immerge il visitatore nelle atmosfere raffinate e luccicanti della metropoli francese e in tutto il suo elegante edonismo. (Comunicato Stampa e immagini ESSECI)