giovedì 27 febbraio 2020

Verismo maremmano nell'opera incisa di Giovanni Fattori

Verismo maremmano nell'opera incisa di Giovanni Fattori
Rovigo, Studio Arte Mosè
Dal 22 febbraio al 12 marzo 2020

Bovi al carro, incisione.

Casa bianca, olio su tavola, collezione privata
Fattori nasce e si identifica in prima istanza come pittore in continua tensione, ricerca della tecnica mai fine a se stessa; infatti dipingeva ciò che aveva osservato dal vivo e le sue opere daranno spunto all’esperienza incisoria come approfondimento della conoscenza del reale nella sua struttura spazio-temporale. Giovanni Malesci, suo allievo, è colui che opera per promuovere le incisioni di Fattori. La prima è ispirata dal dipinto “Carica di Cavalleria” del 1883 lavoro voluto dalla Società per le Belle Arti di Firenze. Nel 1884 viene realizzata una tiratura di venti litografie da parte della Cromo-Lito-Pistoiese. Quattro anni dopo nel 1888 nella Prima Esposizione di Belle Arti di Bologna ventuno fogli furono acquistati per la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma e altri sei fogli dal Ministero della Pubblica Istruzione. Fra le ventuno incisioni comperate a Bologna vi era “Bovi al carro” (Maremma), opera inviata in Francia all’insaputa del Maestro, dove ottiene la medaglia d’oro all’Esposizione Universale di Parigi. In seguito Fattori diviene membro della Commissione artistica della calcografia di Roma fino al 1905. La sua produzione incisoria non è sistematica e non sono mai state realizzate serie numerate. Per quanto concerne la firma, questa è apposta sulla lastra o talvolta a matita o ad inchiostro sul foglio. Fattori avvicinatosi all’incisione in età matura, 55-60 anni, utilizza un piccolo torchio per verificare la validità e il risultato del proprio lavoro. Agli inizi degli anni 1880 vengono eseguite tirature più regolari su incarico dell’autore stesso che nell’ultimo decennio, ormai celebre, affida la produzione a tipografie professionali. Dopo la morte di Fattori, Giovanni Malesci, terminata la mostra con venticinque acqueforti presso la Galleria Excelsior di Parigi, stampa 164 lastre (166 fogli perché due lastre sono incise su entrambi i lati) nel 1925, centenario della nascita del Maestro. 164 lastre meglio conservate vengono scelte fra le 178 ritrovate nello studio di Fattori. Si realizzarono due tirature da 50 esemplari presso l’editore Benaglia di Firenze e successivamente le matrici furono donate al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi. Nel 1958 con il permesso di Malesci una nuova tiratura in 10 cartelle delle 164 lastre ad opera della Calcografia Nazionale di Roma per i 50 anni dalla morte di Fattori e anche di 10 lastre inedite, escluse nel 1925 perché ritenute troppo rovinate Da queste 10 matrici altra tiratura nel 1970 in 30 cartelle numerate ad opera dell’editore Vallerini di Pisa sotto il controllo della vedova Malesci, Anna Allegranza Malesci. Poi le 10  lastre furono consegnate al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi a Firenze anch’esse con il divieto di ristampa come le precedenti.  Di Fattori ci sono 174 lastre conosciute (14 in rame e 160  in zinco) per un totale di 176 incisioni (due doppie) e 8 incisioni (lastre perdute) forse stampate dallo stesso Maestro. Fattori per incidere adoperava l’ago da materassaio o il punteruolo, strumenti artigianali vicini al mondo da lui rappresentato. Le opere grafiche sono in sintonia con il pensiero verista di Fattori intento a cogliere, come nella pittura, la realtà della sua Toscana, nella fattispecie la Maremma con butteri, contadine, stradine di campagna, buoi, cavalli, soldati nell’aspetto più vero, con la fatica, il lavoro, la stanchezza. Sono icone di un realtà colta nell’autenticità in cui si accomunano gli esseri umani e gli animali in fotogrammi “leggibili” grazie alle incisioni che sono il risultato di  un insieme  di tratti intricati, che visti da vicino danno l’idea di un groviglio, qualcosa di inestricabile, difficile atto a sottolineare l’aspetto dell’esistenza umana comune con le sue contraddizioni. Lo Studio Arte Mosè espone sedici incisioni per una straordinaria rassegna unica nel suo genere per Rovigo. All’interno dell’esposizione è presente “Bovi al carro” e l’olio su tavola “casa bianca in Maremma”. ©Emanuela Prudenziato
L'ora di ricreazione

ULISSE. L'arte e il mito in Mnemosine


ULISSE. L'arte e il mito


Ritratto di Omero, tipo "ellenistico cieco"
Forlì, Musei San Domenico


Dal 15  febbraio al 21 giugno 2020
Dott.ssa Daniela Vullo, una curatrice.
Un viaggio nell'arte che ripercorre, attraverso i secoli, le vicende del più antico e moderno personaggio della letteratura occidentale: l'uomo dal "multiforme ingegno", Ulisse. All'eroe omerico è dedicata la grande mostra "ULISSE. L'arte e il mito" ospitata presso i Musei San Domenico di Forlì, dal 15 febbraio al 21 giugno 2020, a cura della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, di Gianfranco Brunelli, direttore dei progetti espositivi e del Comitato Scientifico presieduto dal professor Antonio Paolucci. Il tema indagato è quello di Ulisse e del suo mito che, da oltre tremila anni, domina la cultura dell'area mediterranea. Basti pensare a Dante nel XXVI" dell'Inferno, a Stanley Kubrick di 2001 -Odissea nello spazio, al capitano Acab di Moby Dick, alla città degli Immortali di Borges, a Tasso della Gerusalemme liberata o all’ Ulisse di Joyce. Le sale del Museo di San Domenico ospitano 250 opere tra le più significative, dall'antico al Novecento, suddivise in 16 sezioni, in un percorso che comprende pittura, scultura, miniature, mosaici, ceramiche, arazzi e opere grafiche e che si snoda attraverso i più grandi nomi di ogni epoca. A partire dall'Ulisse di Sperlonga, opera in marmo risalente al I sec d.C., immagine simbolo della grande mostra, a\\’ Afrodite Callipige dell'antichità, si possono ammirare il Concilio degli dei di Rubens, la Penelope del Beccafumi, la Circe invidiosa di Waterhouse in arrivo dall'Australia, fino a Le muse inquietanti di De Chirico, airi/tóse di Arturo Martini e al cavallo statuario di Mimmo Paladino. A segnare Vincipit del percorso artistico e museale della mostra è un ritrovamento eccezionale: la nave greca arcaica di Gela, tra le più antiche del mondo, che per la prima volta dopo il suo rinvenimento nei fondali marini di Gela. E’possibile osservare da vicino l'ossatura portante dell'imbarcazione, databile tra il VI e il V secolo a.C., rinvenuta nel 1988 nel mare di Contrada Bulala, al largo di Gela, a cinque metri di profondità. Le parti recuperate raggiungono una lunghezza massima di 17 metri e una larghezza massima di 4,30. Sono arrivati fino a noi la ruota di poppa, il paramezzale e i madieri. Del carico rinvenuto fanno parte anche un cesto di vimini e un tripode in bronzo. Siamo, dunque, in presenza di uno dei più emblematici ritrovamenti subacquei del patrimonio archeologico del Mediterraneo Antico che ci consente di conoscere non solo le caratteristiche dell'imbarcazione, ma la storia stessa della navigazione e le tecniche di costruzione navale impiegate dalle maestranze greche. All'ingresso della mostra, il grande cavallo di Troia che campeggia sul piazzale antistante i Musei, potente icona evocativa e simbolica delle vicende dell'eroe omerico. L'opera intende essere una riproposizione in chiave contemporanea del tema della rassegna e un riconoscimento "pop" del mito di Ulisse. Le opere presenti nella rassegna sono collegate al personaggio Ulisse, ma ancor di più, nell’analizzare il contesto storico, mitologico è facile dedurre che in fondo il discorso appartiene all’essere umano, parla della condizione umana, delle sue potenzialità, fragilità, comportamenti, punti di forza; caratteristiche evidenziate in Ulisse, immagine di eroe, di uomo con responsabilità politiche,pubbliche e sentimenti che testimoniano legami affettivi. La sua esperienza è la nostra nel bene e nel male,l’intelligenza, l’arguzia, la scaltrezza sono elementi che fanno emergere l’identità della condizione umana con pregi e difetti; capace di azioni nobili, eroiche e d’inganni, se necessario, per salvare la vita a sé e al prossimo. 
Benes Knupfer, Sirena

Cesare Viazzi, Le sirene