Incontro con Ferruccio Gard.
Fiera Arte Padova 2022.
Doverosa premessa. Durante questo
mio esistere in età senile-razionale nei rapporti sociali e indubbiamente
irrazionale qualora debbo fare un’indagine introspettiva per la decodifica dei
sentimenti, delle pulsioni emozionali che hanno e caratterizzano le opere
d’arte, del vecchio tempo e del nuovo, figurative e non- ho sempre avuto un
rapporto interlocutorio, espresso o contemplativo, accattivante con l’artista.
Raramente, davanti alle ovvietà fenomenologiche di certi pittori, pittrici -qui
il numero è più rilevante-, per quella sorta di auto scoperta creativa e forse
più autoanalitica come terapia, ho usato il generico aggettivo qualificativo
“bello”. Alla mia età mi vergogno della ipocrisia che mi distanzia dai noti
nomi della critica che suggeriscono, questo è la sintesi del concetto, di
continuare nella nobile arte del colore piuttosto che far uso di droghe o di
antiansiolitici. Lo sfogo mi è servito per separare con taglio di lama artisti
e pseudo tali per delfinaggio dinastico. Indubbiamente non è il caso di
Ferruccio Gard, scrittore, giornalista televisivo e Artista innovativo di
quella corrente detta cinetica, optical, o -come sostengo- psico-introiettiva
del movimento illusorio. Tra gli stand, la sua opera, è il punto focale su cui
convergono le proiezioni; un genere unico, diversificato e attestato da oltre
mezzo secolo dalla critica ufficiale, dai consensi, dalle rassegne nazionali e
internazionali, dalle Biennali di Venezia… Un’arte che, come scrive lui stesso,
non ha nulla da condividere con la carnalità, ma tanto con l’intimo emozionale
dell’uomo. Ho seguito, con ossequiosa discrezione, il percorso di Gard, le rassegne e la straordinaria stagione degli
artisti che, con lui, hanno dato vita alle molteplici manifestazioni della
peculiare espressione artistica. Ho gustato i gruppi “Verifica 8+1”, “Gruppo N”
e i singoli protagonisti. Ferruccio Gard, in fiera Arte Padova, il dì di San
Martino è protagonista; mi ha emozionato l’incontro e come in un flash back ho
rammentato mentalmente la personale a Ca’ Pesaro con la presentazione della
curatrice Belli del MUVE, le partecipazioni alla Biennale di Venezia, alla Bevilacqua
la Masa e a Rovigo, orgoglioso di un campanilismo
cittadino, quando c’è il merito: Gard a Rovigo alla Pescheria e all’Accademia
dei Concordi grazie al fattivo spirito di iniziativa e alla cultura dell’allora
direttore e amico Antonio, Toni, Romagnolo, che ebbe l’intuizione di presentare
ad un pubblico refrattario al nuovo la presenza dei “moderni”: Accardi, Perilli,
Scialoja, Santomaso,… Gard. Fu la primavera culturale nella mia città polesana
prima che l’amico fosse ostracizzato. Velo pietoso. E dopo tanta premessa
arrivo alla pagina del cahier de doléance. Andai alla mostra “L’occhio in
gioco” , al Monte di Pietà di Padova; bella mostra sull’arte cinetica corredata
da due cataloghi nei quali si sofferma rispettivamente a puntualizzare e
l’aspetto artistico sia psicologico… si vanta Musatti. L’incipit nel gustarla è
stato un piacere con lo sfavillio del divisionismo di Claude Monet, con
l’effetto ricerca colore-introspezione di Previati e le soluzioni dinamiche di
Boccioni, le astrazioni veloci di klee, Kandinsky… poi le sale con il “gruppo
N” e i nomi dei protagonisti vecchi e nuovi. Fu in una delle ultime sale che
ricevetti l’acredine contenuta degli organizzatori. Feci presente che in
mostra, grande, ricca di opere, mancavano all’appello altri nomi significativi
della nota stagione cinetica, optical; mancava “verifica 8+1”, Sara Campesan,
Ferruccio Gard… Una rassegna troppo bella per essere mutilata. Con gentile
rabbia mi fu tatto notare che i nomi da me fatti e il gruppo nato a Mestre
negli anni Settanta non appartenevano al “Gruppo N”. Ho osato ribattere che
neppure Previati, Monet, Calder, Duchamp, Vasarely e altri, ovviamente, non
appartenevano a “Gruppo N”. Dovevo! Non so per quali meccanismi, per quale
soluzione “carbonara”, siano stati
esclusi un intero movimento e dei maestri dell’arte citata. Indubbiamente,
rispetto ad un curatore critico provinciale, ci sono delle solide motivazioni
nel fare le scelte. Uno come me avrebbe messo Munari piuttosto della figlia di
un noto docente universitario nel suolo calpestabile dell’androne dell’ateneo
patavino. Rifeci queste esternazioni a Gard stesso. Non sono mai stato pennivendolo
e lo si giustifica dal mio essere cane sciolto e mi è parso doveroso l’animoso
risentimento e il senso di giustizia. Secondo la vocazione del maestro
veneziano, Gard, escludendo la fisicità si evince un’arte dell’anima, dall’intimo…
Davanti a linee chiare, scure, azzurre, ocra, rosse, gialle, grigie, calde e
fredde nelle tonalità variegate c’è l’incidere dell’esistenza la cui essenza
geometrica palesa un Demiurgo criptato, ma gradevole. Binari paralleli,
intersecati, nella molla di una duttile plasticità tra incontro e abbandono,
tra esistere e non essere, tra realtà e finzione, come la vita stessa ed il suo
sviluppo sono i messaggi. Ferruccio Gard, in un filone della sua opera, pone i punti
di colore del DNA, autoritratti dalla gamma cromatica chiara, pastello, com’è
l’animo di Gard stesso. Vincenzo Baratella
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