mercoledì 20 giugno 2018

Padiglione Lussemburgo 16^ Mostra Internazionale di Architettura in Mnemosine



16^ Mostra Internazionale di Architettura
Venezia 26 maggio – 25 novembre 2018
 Padiglione Lussemburgo

L’architettura dello spazio comune

La problematica affrontata quest’anno dagli architetti lussemburghesi  riguarda  l’utilizzo  razionale del suolo, il rispetto del terreno su cui si edificano strutture con fruitori diversi in modo da  salvaguardare  un patrimonio che appartiene a tutti e non si può  aumentare. Vari architetti nel tempo si sono cimentati con l’obiettivo di costruire rispettando l’ambiente: El Lissitzky con il Wolkenbügel («Appendinuvole») del 1924 :un grattacielo orizzontale una nuova tipologia. Si tratta di tre piloni staccati l’uno dall’altro  con tre strutture   orizzontali di uffici connesse tra loro. “L’apertura verticale inserita nei piloni doveva subito essere collegata a stazioni della metropolitana preesistenti. Così facendo El Lissitzky voleva creare superfici utili sopra edifici esistenti o al di sopra di infrastrutture, senza costruire sul terreno, per proporre un modello alternativo al grattacielo di Chicago e New York, la cui base riempie il più possibile il terreno. Contrastando l‘«ostinazione verticale», il Wolkenbügel doveva contribuire a creare «una comunanza orizzontale». «L’architettura statica delle piramidi è superata», affermava El Lissitzky, «la nostra architettura rotola, nuota, vola».” A ribadire il concetto l’architetto progettò  un edificio  con pareti mobili  prevedendone anche  lo smontaggio.


Le Corbusier (1887–1965) propose l’Ilôt insalubre no 6, facente parte del suo progetto parigino del 1937, per rispondere alle esigenze  di un centro urbano di tre milioni di abitanti del Plan Voisins e della Carta di Atene. “Due complessi abitativi di 16 piani avrebbero dovuto svilupparsi per quattro isolati indipendentemente dalla rete viaria esistente.”La novità  di tale edificio consiste  nel fatto che Le Corbusier “lascia libera non solo l’intera area del piano terra sopraelevandola su palafitte– persino i parcheggi a fianco dovevano trovarsi su palafitte –, ma anche il piano superiore, che doveva accogliere diverse funzioni comunitarie, come anche la terrazza sul tetto. Il suolo doveva restare accessibile solo a pedoni e ciclisti.” 


 Un altro esempio di struttura abitativa  in sintonia con le esigenze ambientali  è costituito dalla torre residenziale di Luigi Snozzi (*1932) “sopraelevata, la cui pianta si basa su una   geometria complessa: tre cerchi sono raggruppati attorno ad un cerchio di circolazione centrale; nelle intersezioni e nei punti centrali dei cerchi esterni sono disposti sei cerchi più piccoli. La pianta è spostata di 45 gradi a metà piano, di modo che per ogni appartamento sono disponibili su entrambi lati due semicerchi che fungono da terrazza. Mentre in alto la struttura si sfilaccia in terrazze comunitarie, al piano terra si crea un grande spazio libero destinato a vari utilizzi comuni o pubblici, protetto da un disco molto sporgente.”


Soluzioni residenziali vengono proposte dagli studiosi dell’Università del Lussemburgo con«Hochhaus» (edificio elevato) e «Zeile»(caseggiato) che rielaborano le precedenti esperienze  di architettura  urbana mantenendo il medesimo obiettivo :  “grande superficie utilizzabile e scarsa superficie del terreno, forme abitative individuali con attività in comune, strutture su grande scala per un utilizzo flessibile e infine diverse forme di costruzione modulare e prefabbricata, di riciclaggio e conversione d’uso che rispondono alle esigenze derivanti dalla dimensione temporale dei contratti di costituzione di diritto di superficie e dai cambiamenti sociali in Lussemburgo.”   La Torre  permette  che il restante  suolo possa essere utilizzato  “con criteri architettonico-paesaggistici “o a fini agricoli,
 realizzato in aree ad alta densità abitativa  e “in aree suburbane o rurali”.
Da qui emerge un nuovo tipo di architetto che non è più solo colui che  progetta  abitazioni, uffici… secondo le esigenze  del cliente, ma insegna  a riflettere sul senso del costruire  in rapporto  allo spazio a disposizione   considerando la realtà dell’unico mondo  che abbiamo a disposizione.   Emanuela Prudenziato

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